Esattamente 60 anni fa iniziavano i Giochi della XVII Olimpiade, più semplicemente conosciuti come Olimpiadi di Roma 1960.
Scopriamo insieme 10 curiosità olimpiche sul maxi-evento che vide la Città Eterna al centro del Mondo.
Roma, le Olimpiadi e il Vesuvio: lo strano caso del 1908
La Città Eterna avrebbe già potuto ospitare le Olimpiadi in ben due occasioni. La prima fu nel 1908 ma, a cambiare le carte in tavola, ci pensò il Vesuvio che eruttò nel 1906. Ragion per cui l’Organizzazione decise di destinare i fondi alla ricostruzione e agli aiuti. La seconda occasione capitò nel 1944. Peccato che il Mondo fosse nel pieno della Seconda Guerra Mondiale e le Olimpiadi, come quelle del 1940, non vennero mai disputate. Ah, per la cronaca, alla fine –per il 1944- fu scelta Londra come città ospitante di un’Olimpiade, ripeto, mai disputata.
L’India, il Pakistan e una rivalità Olimpica
Nel 1947, all’indomani dell’Indipendenza dall’Inghilterra, l’India si separò dal Pakistan. Non in maniera incruenta, tant’è che –dopo settant’anni- le due Nazioni sono ancora ai ferri corti. Alle Olimpiadi, le due Nazionali si sfidarono: in ballo c’era la medaglia d’oro per l’Hockey su prato, disciplina nella quale sia l’India che il Pakistan eccellevano (ed eccellono tutt'ora). A vincere furono i rappresentanti di quest’ultima Nazione: uno smacco che gli Indiani non hanno mai scordato.
Wilma, la Pantera che battè anche la Poliomielite
Tre medaglie d’oro al suo collo. Se gliel’avessero detto quand’era bambina, Wilma Rudolph avrebbe riso, probabilmente. Affetta da Poliomielite nella prima infanzia, arrivò a Roma al seguito della delegazione statunitense. Indossava uno speciale tutore che l’aiutava nei momenti. Nella Città Eterna si aggiudicò tre podi: 100 metri piani, 200 metri piani e staffetta 4x100. A colpire, inizialmente, fu la sua avvenenza. Una volta in pista, però, fu la sua velocità a colpire tutti. La Pantera Nera batté tutti, in primis la Polio.
Il Doping macchia i Cerchi Olimpici
In quel di Roma 1960, il Mondo scoprì (quantomeno, si trovò a non poter più ignorare) il Doping. Lo sport di riferimento, per questo triste episodio, è il Ciclismo. La vittima si chiamava Knud Enemark Jensen, aveva 25 anni e correva (anzi, pedalava) per la Danimarca. Si accasciò a terra, vittima -si pensava- di un’insolazione, che gli fece perdere il controllo e sbattere la testa, con conseguente frattura cranica. In seguito si scoprirà che la vera causa fu un’intossicazione di anfetamine, unite allo sforzo fisico e al caldo.
Luciano De Crescenzo, il Cronometrista
Solitamente il cronometraggio era effettuato dalla Omega, il noto marchio degli orologi. Per l’edizione romana delle Olimpiadi, tale compito fu affidato dalla F.I.C. (Federazione Italiana Cronometristi). 82 furono i Cronometristi del Belpaese che si misero all’opera: uno di questi, Luciano De Crescenzo, avrebbe riscosso successo oltre un decennio dopo, con il libro “Così Parlò Bellavista”.
L’esordio della Farfalla Cassius (prima di diventare Alì)
Una delle discipline più interessanti, per gli spettatori dell'epoca, era il Pugilato. Tra tutti gli atleti, fece scalpore un giovane statunitense. Si chiamava Cassius Clay, proveniva da Louisville, Kentucky. Vinse l’oro nella categoria Medio-Massimi. Qualche anno dopo, la sua vita cambierà: rifiuterà di partire per il Vietnam, finirà in carcere, cambierà nome, diventando Muhammad Alì. Il resto è Storia, con la “S” maiuscola.
Le sorelle Press: doppio oro (e non sarà la prima volta)
A Roma arrivarono due atlete sovietiche, Irina e Tamara. La prima vinse la medaglia d’oro negli 80 metri ostacoli, la seconda conquistò il primo posto nel lancio del peso. Quattro anni dopo, a Tokyo, le sorelle Press bisseranno l’impresa, pur cambiando disciplina: Irina trionferà nel Pentathlon, Tamara si aggiudicherà due medaglie d’oro, nel lancio del peso e in quello del disco. Sorelle d’Oro.
Aladar, l’Ungherese immortale
La prima medaglia d’oro, nella sciabola a squadre, lo conquistò 28 anni prima, alle Olimpiadi di Londra del 1932. Da allora, non saltò un’edizione: Berlino, Londra, Helsinki, Melbourne e Roma, ovviamente. A cinquant’anni il Magiaro conquistò la sua settima gioia Olimpica. Un immortale.
E io quando gareggio? Lo strano caso di Wim Esajas
Alle Olimpiadi partecipava anche il Suriname, stato dell’America Centrale, con la bellezza di un rappresentante, il mezzofondista Siegfried Willem Esajas, Wim per gli amici. Arrivato nella Città Eterna accompagnato da una piccola delegazione, Esajas avrebbe dovuto gareggiare per gli 800 metri. Tuttavia, al momento della presentazione ai blocchi, di Esajas non ve n’era traccia. Arrivò nel pomeriggio (le batterie si tenevano la mattina), visibilmente stupito e dispiaciuto di aver perso l’occasione Olimpica. In seguito si scoprirà che la responsabilità era da attribuirsi non al sonno di Wim (come sottolinearono le malelingue) ma al Segretario del Comitato Olimpico del suo Paese. Nel 2005 gli venne inviata una lettera di scuse ufficiali e una targa, a testimonianza del primo Surinamense a partecipare alle Olimpiadi. Povero Wim.
La nuotatrice che rischiò di annegare
So che sembrerà paradossale me non lo è. Successe all’americana Carolyn Wood, durante la gara dei 100 metri Farfalla. Per errore, ingoiò dell’acqua ed ebbe difficoltà crescenti. Rischiando l’annegamento, sbandò vistosamente in corsia, sino a toccare la corda che ne delimitava i “confini”. Squalificata. beh, meglio quello che annegata.
Sono passati sessant’anni da quelle notti Olimpiche, tra il profumo della “Dolce Vita” e della “Vacanze Romane”, dalle Vespe che impazzavano per le strade della Capitale ai successi declamati (e perciò, non sottolineati in quest’articolo) di Livio Berruti e dell’etiope scalzo, nonchè guardia del Negus, Abebe Bikila
Alberto Caboni
Commenti (1)
Complimenti molto bello!!
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