L’argomento doping è, per sua natura, molto delicato. Il mondo dello sport è stato troppo spesso contaminato da questa pratica totalmente antisportiva, oltre che illegale per ovvi motivi.
Ci sono stati casi clamorosi come il ciclista americano Lance Armstrong, 7 volte campione del Tour de France dal ‘99 al 2005 (titoli revocati), bandito a vita per doping nel 2012 e ammettendo pubblicamente la sua colpevolezza solo nel 2013 durante un'intervista con Oprah Winfrey.
Nel panorama nostrano invece spicca il caso di Alex Schwazer, campione olimpico nella marcia 50km a Pechino 2008.
Poco prima dell’inizio dei giochi di Londra 2012 viene fermato per positività all’Epo.
Schwazer indice una conferenza stampa dove, in lacrime, si dichiara colpevole assumendosi tutte le responsabilità. Seguirà una squalifica di 45 mesi (era seguito dal dottor Michele Ferrari, stretto collaboratore di Armstrong, radiato dal Coni (dal 2002) e inibito a vita dall'agenzia antidoping statunitense...).
Il fatto di dichiararsi pubblicamente colpevole non è cosa da poco. Ci si espone ancor di più alla gogna pubblica. È verissimo che ha sbagliato ma non sono mancati attacchi gratuiti alla persona. Armstrong ad esempio negò tutto.
Sicuramente non è stato facile per lui ma ha mostrato di aver imparato tanto in quei 3 anni e 9 mesi di squalifica, tornando nel 2016 più forte che mai sotto la guida del Dott. Donati, uno dei più grandi nemici del doping.
Infatti vince alla grande la 50km di Roma e ottiene il pass preolimpico per i giochi di Rio.
Un riscatto felice, all’insegna del “ho sbagliato, lo so e l’ho ammesso; adesso ho pagato per il mio errore e voglio riscattarmi, per me stesso e per chi ha creduto in me”. Ma non c’è il lieto fine che ci saremmo aspettati.
Il caso non si chiude qui, perché da quel momento siamo alla storia recente a cui seguono, oltre all’esclusione dai giochi di Rio 2016, 8 anni di squalifica e carriera finita.
Lui non si arrende, si dichiara innocente e vittima. Non mi dilungo in merito, trovate tutto online sulla faccenda che è ancora in sospeso.
Indipendentemente da come finirà, la carriera di questo atleta dal talento puro e cristallino ne ha risentito irrimediabilmente.
Noi non vogliamo sindacare sulla sentenza finale, che ad oggi non sappiamo, né sulle potenziali ingiustizie e le loro conseguenze nel caso risultasse ufficialmente innocente e vittima di un sopruso.
Di fatto, tutto è cominciato quando ha ceduto mentalmente ed emotivamente alle pressioni nel 2012, finendo per doparsi.
Ed è questo che ci interessa nella nostra rubrica “Il Corpo non Mente”.
In tutti questi anni sono stati pubblicati tanti articoli su Schwazer di cui riassumo il concetto in 2 parole: Alex, perché?
Io e Vittorio ci confrontiamo sul tema, cercando di capire quali meccanismi mentali ed emotivi portano un atleta, un campione così forte a cedere così clamorosamente.
Raffaele Montalto
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